venerdì 8 maggio 2009
08.05.09 Prostituta romena rimpatriata, è la prima volta a Roma
da Il Messaggero, di LUCA LIPPERA
Rimpatriata, ancorché cittadina europea, perché senza lavoro e senza documenti. Una giovane romena che si prostituiva sulla Tiburtina è stata rimandata nel Paese d’origine seguendo un percorso giuridico finora mai applicato. Ieri la donna, identificata e multata più volte durante i pattuglioni periodici delle forze dell’ordine, è stata imbarcata dalla polizia su un aereo della Tarom, la compagnia di bandiera di Bucarest, che l’ha riportata in patria. La proposta di allontanamento arrivava dalla Questura: il Prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, l’aveva accolta e trasformata in decreto esecutivo. Ma l’immigrata aveva ignorato l’ordine di allontanarsi dall’Italia e a quel punto è scattata l’operazione forzosa.
La romena, in attesa del nulla osta al decreto da parte del Tribunale, è stata trattenuta nel Cie (Centro Identificazione ed Espulsione) di Ponte Galeria. Ieri l’accompagnamento all’aeroporto di Fiumicino e il volo per Bucarest. La donna, in teoria, potrebbe rientrare in Italia in qualsiasi momento. Ma a quel punto dovrebbe mettere in conto un processo penale e una possibile pena detentiva per inosservanza all’espulsione. Scatterebbe, in caso di nuovo “fermo”, anche il divieto di re-ingresso Italia per alcuni anni. «La misura adottata nota la Questura è un ulteriore strumento per rendere più efficace l’ordinanza del sindaco di Roma contro il fenomeno della prostituzione». Vendersi non è un reato. Il provvedimento adottato dal Prefetto il primo a Roma di questo tipo colpisce di fatto le ragazze che lavorano per strada pur non potendo contestare loro nulla sotto il profilo penale.
La giovane romena, di 26 anni, originaria di una delle aree più povere del Paese, non si era mai registrata all’anagrafe in Italia. Anche questo dettaglio ha pesato sulla decisione di allontanarla. «In questo modo fa notare un funzionario di polizia ci troviamo di fronte a persone ancora più incontrollabili. Non solo non hanno alcun lavoro, non solo hanno spesso documenti falsi ma non avendo un domicilio “ufficiale” diventa estremamente difficile rintracciarle». Il provvedimento è in sostanza un riadattamento del vecchio “Foglio di Via”. Il quale comportava il divieto di dimorare in una certa località, mentre in questo caso si estende l’obbligo a tutto un Paese.
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